Principali Interventi dell’Italia
Il trattato sulla messa al bando delle mine antipersona, anche detto Convenzione di Ottawa, vieta l’uso, la detenzione, la produzione e il trasferimento di mine antipersona e impone la distruzione degli stock esistenti nonché l’assistenza alle vittime del loro uso. Conclusa nel 1997 ed entrata in vigore nel 1999, essa è stata ratificata da 164 Stati, tra i quali si trovano 34 dei 50 Paesi che risultavano produttori di questi ordigni prima del 1997, e firmata da 33. Tra i Membri della Convenzione, però, non figurano sei Paesi significativi: Cina, Federazione Russa, India, Pakistan, Repubblica di Corea e Stati Uniti. L’universalizzazione della partecipazione al Trattato resta, quindi, uno degli obiettivi principali nel quadro della sua attuazione efficace. Attualmente, gravi preoccupazioni sono suscitate dal diffuso ricorso a questi tipi di armi da parte di attori non statuali, che sono anche in grado di produrle in proprio o di ricorrere a ordigni di circostanza noti come ordigni esplosivi improvvisati (Improvised Explosive Devices – IEDs).
Altre aree di lavoro attuali riguardano la distruzione degli stock, la bonifica delle aree minate (e relative richieste di proroga ai termini finali per il raggiungimento di tali obiettivi), le misure di trasparenza e, soprattutto, l’assistenza alle vittime.
Distruzione degli stock: la Convenzione impegna gli Stati parte alla distruzione di tutte le mine antipersona in loro possesso o sotto il loro controllo, “al più presto” ma in ogni caso non oltre i quattro anni dall’entrata in vigore del Trattato per lo Stato interessato. L’unica eccezione alle disposizioni sulla distruzione riguarda mine che possono essere tenute ai fini di addestramento relativo a tecniche di rilevamento, bonifica o eliminazione e in numeri comunque minimi necessari a tali fini. A oggi, 157 Stati membri hanno eliminato l’interezza dei loro depositi, che cumulativamente contano oltre 47 milioni di ordigni.
Bonifica di aree minate: il Trattato impone ai suoi Membri l’identificazione delle aree contaminate, la loro segnalazione e delimitazione che garantisca la protezione dei civili finché il processo di bonifica non sia terminato. La bonifica totale deve intervenire entro 10 anni dall’entrata in vigore della Convenzione per lo Stato interessato, salvo richiesta di proroga che, comunque, non può superare un ulteriore periodo di 10 anni.
Assistenza alle vittime: le disposizioni sull’assistenza alle vittime sono di centrale importanza nella Convenzione di Ottawa e, al tempo della sua negoziazione, rappresentarono una novità nel panorama degli strumenti di disarmo e controllo degli armamenti. Esse si riassumono nell’obbligo degli Stati parte “in grado di farlo”, di fornire assistenza per la cura e riabilitazione, reintegrazione economica e sociale, delle vittime delle mine. Tale assistenza può essere fornita nel quadro di misure nazionali o attraverso canali bilaterali e multilaterali, anche se per un numero abbastanza elevato di paesi le risorse disponibili sono ben al di sotto del necessario per la cura di centinaia o, addirittura migliaia di sopravvissuti.
Trasparenza: al fine di assicurare uno scambio di informazioni costante e produttivo, la Convenzione prevede la presentazione di rapporti annuali sull’attuazione di numerose delle sue disposizioni, tra cui quelle relative alle misure nazionali (es. legislative o amministrative), agli stock esistenti, all’identificazione di aree contaminate e alla loro bonifica.
L’attuazione della Convenzione è monitorata attraverso riunioni annuali degli Stati Parte e da riunioni intersessionali di Comitati permanenti. Ogni cinque anni si svolge una Conferenza di riesame. Per il supporto continuo all’attuazione, incluso quello amministrativo, è stata istituita una Implementation Support Unit (ISU) che si avvale anche del sostegno del Geneva International Centre for Humanitarian Demining (GICHD).
Dal 20 al 24 novembre 2023 si è tenuta la ventunesima Riunione degli Stati Parte (MSP) della Convenzione sotto Presidenza dell’Ambasciatore tedesco Thomas Goebel (l’Italia era una delle otto Vice Presidenze). Tra i temi oggetto di approfondimento sono stati esaminati in particolare gli aspetti tecnici e le principali sfide relative ai processi di bonifica e sminamento che interessano ancora ben 33 Stati Parte, ovvero: la mancanza di mappatura delle zone contaminate; la complessa orografia di alcuni territori; il perdurare dei conflitti e i conseguenti rischi di sicurezza per gli operatori; le condizioni climatiche avverse. A questi fattori si sommano la scarsità delle risorse umane e finanziarie che, specialmente nel corso dell’ultimo anno e mezzo, sono state quasi totalmente assorbite dal conflitto in Ucraina, che ad oggi conta ben 160.000 Km2 di territorio contaminato.
La riunione, come di consueto, ha costituito un’opportunità di confronto sull’attuazione delle disposizioni della Convenzione riguardanti cooperazione, assistenza alle vittime, bonifiche dei terreni e distruzione degli stock di mine anti-persona, importante anche in vista della Quinta Conferenza di Riesame che si terrà a Siem Reap (Cambogia) dal 25 al 29 novembre 2024. Dopo la Norvegia, che ha ospitato nel 2019 la precedente conferenza di riesame, è adesso il turno di un Paese fortemente colpito dalle mine anti-persona.
Si segnala infine che Giappone e Zambia sono stati eletti per la Presidenza della Riunione degli Stati Parte rispettivamente per il 2025 e 2026.
La partecipazione italiana al Trattato
Anche nel contesto di questo Trattato, significativo è l’impegno dell’Italia che, avendo adottato una legge nazionale di proibizione delle mine antipersona molto prima della conclusione del processo di Ottawa, è al momento il Paese che ha distrutto il maggior numero di mine, la maggior parte delle quali provenienti dai depositi industriali.
L’Italia ha completato infatti la distruzione dei propri arsenali nel 2002, un anno prima della scadenza fissata dalla Convenzione, mantenendo un limitato numero di mine anti-persona a fini addestrativi, ai sensi della Convenzione stessa. Ancor prima, l’adozione della Legge 374/1997 aveva vietato l’uso, la produzione, lo stoccaggio e il trasferimento di mine e disposto la loro completa distruzione. Il MAECI informa regolarmente il Parlamento, presentando una relazione semestrale sull’attuazione della Legge 374 e una relazione annuale sulle attività svolte sulla base della Legge 58/2001. Con tale provvedimento è stato istituito il Fondo per lo sminamento umanitario per interventi di sminamento umanitario, assistenza alle vittime e sensibilizzazione delle popolazioni civili, che ha finanziato, tra quelle più recenti, attività in Libia, Afghanistan, Somalia, Sudan e Sud Sudan.
L’Italia celebra regolarmente la ricorrenza del 4 aprile, giornata internazionale dedicata all’azione contro le mine e all’assistenza alle vittime (istituita dalle Nazioni Unite nel 2005), e riconosce il sempre vivo richiamo che essa veicola ai riflessi umanitari dell’uso di mine anti-persona, munizioni a grappolo, e altri ordigni inesplosi.
L’Italia partecipa attivamente ai seguiti del processo di Ottawa sia da un punto di vista diplomatico – partecipando a tutti i lavori della Convenzione, intersessionali e regolari – che operativo. In particolare, essa ha dedicato ingenti investimenti a programmi di sminamento umanitario, e favorisce lo sviluppo di approcci integrati alla bonifica di aree contaminate da ordigni che, da un punto di vista prettamente legale, sono oggetto di strumenti distinti i cui obiettivi, però, sono altamente complementari.
Principali interventi dell’Italia
Amb. Leonardo Bencini
Documenti e risorse utili
Third Review Conference of the Anti-Personnel Landmines Convention, Maputo, 23-27 June 2014
Landmines and Cluster Munitions Monitor
Anti-personnel Landmines Convention (ALPC) website
ALPC Implementation Support Unit (ISU)
UN Office for Disarmament Affairs (Geneva and New York)
United Nations Mine Action Service (UNMAS)
International Campaign to Ban Landmines (ICBL)
Geneva International Centre for Humanitarian Demining (GICHD)
International Committee of the Red Cross: Anti-personnel Landmines